Gilberto Martinelli: il legame storico e culturale tra Trieste e Budapest

“La cultura è sempre stata un distensivo diplomatico, per assicurare in continuità le connessioni tra due nazioni.”

Qual è il tuo legame personale con Trieste e Budapest?

“Il mio legame con Trieste è strettamente correlato alla mia carriera cinematografica di tecnico del suono. Ho girato undici film a Trieste, tra cui “La sconosciuta“, “La migliore offerta“, “Il ragazzo invisibile“, “De Gasperi“, “Einstein“, e ultimamente “Napoli New-York“. Anche il prossimo film lo girerò a Trieste. Ho vissuto in questa città per periodi lunghi, sempre negli stessi quartieri, con le stesse frequentazioni. Quando sono a Trieste, mi sento ormai un cittadino “ad honorem”.

Il mio legame con Budapest invece, nasce nel 1997, quando stavo girando “Il fantasma dell’Opera“. Differentemente da tanti altri luoghi del mondo che avevo già conosciuto, Budapest mi riservò dei vincoli, e ci tornai. Dal 2007 iniziai a occuparmi del Paese in seguito a un’iniziativa dell’Ambasciata d’Ungheria in Roma che volle promuovere i rapporti tra i due Paesi attraverso l’audiovisivo. Affiancato da grandi accademici iniziai a studiare e produrre documentari sui rapporti italo-ungheresi. Da quel momento, Budapest è diventata una parte fondamentale della mia vita.”

Quali aspetti culturali di Budapest e Trieste trovi più affascinanti e perché?

“Budapest ha una diffusione della cultura molto capillare, fatta di piccoli circoli, radio indipendenti, case private e caffè, che ospitano eventi e iniziative di continuo. Gli ungheresi non sono affatto chiusi, come si tende a credere, ma vivono di una forte tradizione intellettuale ove arde lo scambio di idee. Meandro non molto visibile allo straniero, è un’arteria sotterranea.

Trieste, invece, ha un altro tipo di socialità, a cominciare dall’incontro casuale con i concittadini col rituale aperitivo, rigorosamente all’aperto. È quel momento di incontro, di dialogo, di condivisione, che tiene aggiornata, unita e solida la città. A Trieste, camminando in Cavana o nei viali, incontri gente che conosci, ti fermi, parli, ti aggiorni e saluti. È una città profondamente umana, nonostante lo stereotipo di città asettica abitata da anziani. Trieste basta a se stessa, Budapest espatria.”

Se dovessi consigliare un percorso o un’esperienza imperdibile per un visitatore a Trieste e a Budapest, cosa suggeriresti?

“Direi da subito di non arenarsi sotto San Giusto lato mare, ma di percepire la città come una porta verso un mondo assai più grande. Trieste ti apre al mondo slavo, germano e, non di meno, magiaro. È un punto di incontro tra culture diverse, profilando la sua forte identità mitteleuropea. L’Università di Trieste, che impera sulla città dall’alto, non a caso è riconosciuta come tempio delle relazioni internazionali, dell’intelligence e della geopolitica. Questo appellativo di “città d’incontro”, non è limitato alla posizione geografica, ma dalla lunga tradizione letteraria, dove ad alimentarne il mito ha contribuito quella spionistica. Quindi consiglio di sconfinare e ammirare i panorami che giustificano la sua centralità.

Budapest va vista a strati viaggiando attraverso la sua storia. Io inizierei dal “Memento Park” il parco delle statue sovietiche rimosse, o dal “museo ferroviario”, dove si possono comprendere la sua complessità storica da una parte, e la sua magnificenza dall’altra. Le fasi storiche ungheresi sono ben definite, monarchie, imperi, dittature, invasioni e ahimè, sanguinose rivoluzioni. Budapest è una città che vuole essere studiata ancor prima di esser visitata. E poi, approfittando del forte e millenario legame con l’Italia si possono scoprire tracce italiane in ogni angolo della città, persino sulle banconote. Normale che bisogna procurarsi una storia d’Ungheria da leggere, lo trovo obbligatorio. Ad esempio non sono slavi, e questo è già un indizio per capire.”

Quali somiglianze e differenze hai notato tra le due città?

“Per me, Trieste è Budapest col mare. Percepisco il loro carattere mitteleuropeo, e nonostante la discrezione della gente rimangono città aperte, finanche ospitali. Ma ci vuole tempo. Gli ungheresi però, sono nel mezzo del preistorico bacino carpatico-danubiano, e questa posizione li ha resi sempre attenti alle minacce d’invasione. I triestini, invece, hanno un atteggiamento più borghese, più distaccato da queste problematiche, perché la loro città ha vissuto una storia dove l’autoctonia ha prevalso sui tentativi di contesa, trasformando sempre l’invasore in ospite. Fondamentalmente le due città si completerebbero prima ancora che assomigliarsi.”

Cosa diresti a chi non ha mai visto né Budapest né Trieste per invogliarlo a scoprire queste due città?

“Oggi, scoprire l’Ungheria significa fare esercizio d’analisi. Sarà utile e stimolante confrontare quel che si sa, da quel che si vedrà. Aiuterà a capire la natura dei media. Poi, continuo a dire che bisogna studiarla se la si vuole approfondire poiché la città ostenta bellezza come un involucro della sua complessità. In poche parole Budapest si fa vedere ma non si fa conoscere.

Trieste, invece, è stata per secoli la porta d’Italia per gli ungheresi. Conoscono bene questa città, sanno che è stato un punto di connessione tra il loro Paese e l’Occidente, o meglio, l’oltrecortina, occidentali lo sono sempre stati. A Trieste si trovano tracce del loro passato, legami con la loro storia, e per questo la sentono vicina.”

TriBu.City, due città, un’anima, è il movimento nato per valorizzare l’amicizia e accrescere i rapporti tra Trieste e Budapest. Cosa pensi di questa iniziativa?

“Quando ho sentito parlare dell’iniziativa ho subito pensato che fosse lodevole e necessaria. Non è solo un’idea bella, ma urgente.

C’è un porto ungherese a Trieste, ci sono legami economici, culturali e storici profondi. L’idea di rafforzare questa connessione è uno strumento di “soft power” importantissimo. Qui si parla di diplomazia pubblica.

La cultura è sempre stata un distensivo diplomatico, per assicurare in continuità le connessioni tra due nazioni. In un periodo in cui i rapporti tra Italia e Ungheria sono ondivaghi e possono attraversare momenti delicati, un progetto come TriBu.City può avere un impatto enorme.

Io spero che i politici e la diplomazia italiana intuiscano l’importanza di questa iniziativa. Nel frattempo, chi partecipa e supporta TriBu.City sta già facendo un grande lavoro per costruire ponti tra due città che hanno tanto da condividere, e di riflesso anche per l’Italia intera.”

Gilberto Martinelli

Oltre ad essere un importante e stimato documentarista, è considerato uno dei più qualificati tecnici del suono in ambito cinematografico. Ha lavorato con i più importanti registi italiani ottenendo riconoscimenti come il premio David di Donatello. Si occupa di relazioni internazionali, in particolare tra l’Italia e l’Ungheria. Nel 2014 è stato insignito del “Pro Cultura Hungarica” dalla Repubblica d’Ungheria per aver fatto luce nei rapporti storici tra le due nazioni.

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