Il Corridoio IMEC e il ruolo di Trieste come gateway europeo: la visione di Francesco Parisi

Il futuro dei traffici globali e Trieste come snodo chiave dei nuovi equilibri internazionali. TriBu.City incontra il Presidente della Trieste Summit.

Può riassumerci brevemente in cosa consiste il progetto del Corridoio IMEC?

“IMEC è l’acronimo di Indian Middle East Europe Corridor ed è il nome dato a un memorandum of understanding sottoscritto nel settembre 2023 a Nuova Delhi, durante il G20. Hanno firmato l’accordo diversi Paesi: India, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Francia, Germania, Italia, Unione Europea e Stati Uniti.

L’obiettivo è realizzare un corridoio che migliori la connettività tra India ed Europa attraverso la penisola arabica, in una logica che si pone, almeno in parte, come alternativa alla Via della Seta. La differenza principale rispetto a quest’ultima è significativa: la Via della Seta ha come attore centrale e dominante la Cina, che propone la propria iniziativa a operatori, imprese e Paesi lungo il corridoio. IMEC, invece, nasce come progetto di cooperazione multilaterale, fondato sull’idea che i Paesi coinvolti abbiano pari ruolo e pari peso. Come questo principio si tradurrà concretamente rimane tuttavia da verificare.”

Può raccontarci brevemente cos’è e quali sono gli obiettivi della Trieste Summit?

“Trieste Summit è un’associazione di imprese del territorio triestino e, più in generale, del Friuli Venezia Giulia, nata per riflettere sul corridoio IMEC e sul ruolo che la nostra regione potrebbe svolgere in questo progetto strategico. Le prime attività sono iniziate nel giugno 2024 e l’associazione si è formalmente costituita il 28 ottobre dello stesso anno. Oggi, a undici mesi dalla fondazione, riuniamo 14 imprese, principalmente realtà imprenditoriali familiari e radicate nel territorio. Non abbiamo cercato grandi gruppi quotati in borsa, come Fincantieri o Generali, ma aziende di imprenditori locali, attivi sia nella logistica sia in altri settori come manifattura e costruzioni.

L’obiettivo dell’associazione è promuovere il corridoio IMEC presso le istituzioni regionali e nazionali, affinché l’Italia giochi un ruolo proattivo e strategico, proponendo il porto di Trieste come principale gateway europeo di IMEC. La scelta di Trieste non è casuale: si tratta infatti dell’unico porto italiano con un livello di connettività in grado di servire un retroterra di circa 100 milioni di abitanti in 11 Paesi dell’Unione Europea, tra cui cinque Stati senza sbocco al mare, come Ungheria, Austria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

Questa attività di sensibilizzazione ha già prodotto risultati significativi. Oggi diversi esponenti di rilievo dei tre partiti di governo, così come membri dell’opposizione, sostengono apertamente IMEC attraverso il porto di Trieste. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in visita in India, ha dichiarato esplicitamente che Trieste sarà il gateway di IMEC e ha annunciato l’intenzione di convocare a breve un summit dei Paesi firmatari proprio a Trieste. Inoltre, nell’aprile 2025 il governo italiano ha nominato un inviato speciale per IMEC, l’ambasciatore Francesco Talò, già consigliere diplomatico della presidente Meloni al momento della firma del memorandum. Talò collabora strettamente con noi, fa parte del nostro advisory board ed è intervenuto al nostro primo evento ufficiale, il 2 marzo, in occasione dell’arrivo a Trieste della nave Vespucci dopo 23 mesi di circumnavigazione del globo. Da allora manteniamo con lui contatti regolari e costanti.

Finora la nostra azione si è concentrata soprattutto sul livello politico, sia regionale sia nazionale. Oggi, però, stiamo ampliando il nostro raggio d’azione sul piano internazionale. Abbiamo partecipato a iniziative in India, a Budapest e a Marsiglia, tutte dedicate a IMEC, e riteniamo fondamentale diffondere il nostro messaggio anche oltre i confini europei, in particolare in India, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e naturalmente nei Paesi del nostro hinterland, come l’Ungheria.”

Trieste Summit nasce come piattaforma di dialogo internazionale. Quali sono i risultati più significativi raggiunti fino ad oggi e quali gli obiettivi prioritari per il futuro?

“Il risultato più significativo, a nostro avviso, è stata la nomina dell’ambasciatore Francesco Talò come inviato speciale per IMEC. Questa decisione è stata particolarmente rilevante perché la Francia aveva già nominato un suo inviato e persino la Grecia, pur non essendo tra i firmatari del corridoio IMEC ma in competizione con il porto del Pireo, si era mossa prima dell’Italia. La scelta di Talò è stata tempestiva e, grazie alla sua esperienza, rappresenta un’importante spinta al progetto. Oggi il suo lavoro si concentra soprattutto a livello comunitario, dato che anche l’Unione Europea è firmataria del memorandum.

Un altro momento significativo è stato l’evento del 2 marzo a Trieste, in occasione dell’arrivo della nave Vespucci, che ha avuto un forte valore simbolico. A questo si aggiungono i tre viaggi internazionali realizzati quest’anno: a Nuova Delhi a marzo, a Budapest a maggio e a Marsiglia a giugno. Proprio a Marsiglia, come rappresentante del Trieste Summit, ho partecipato a un panel insieme al ministro degli Esteri indiano, un confronto particolarmente interessante.

Oggi il nostro obiettivo è mantenere la rotta. Il risultato politico è stato ottenuto: Trieste è stata indicata dal governo italiano come gateway di IMEC. Tuttavia, nulla è garantito e possono emergere situazioni impreviste. Per questo è fondamentale restare vigili e mantenere alta l’attenzione affinché questa linea venga portata avanti.

Dal punto di vista operativo, il prossimo passo sarà l’organizzazione di un evento a Trieste in concomitanza con la riunione dei ministri degli Esteri annunciata dal ministro Tajani. Parallelamente, stiamo programmando un nostro evento per il 20-21 novembre: se la Farnesina dovesse confermare una diversa data entro due settimane, ci adatteremo al calendario ministeriale, diversamente, manterremo il nostro appuntamento.”

Dalle sue parole emerge chiaramente che il Corridoio IMEC ha un grande rilievo geopolitico ed economico. Quali benefici concreti potrà portare all’Italia e, in particolare, a Trieste come snodo strategico?

“A nostro avviso, si tratta di un progetto di grande importanza strategica.

Occorre considerare che da quasi due anni il canale di Suez è utilizzato in maniera ridotta a causa degli attacchi nel Mar Rosso, che costringono molte navi a circumnavigare l’Africa. Se queste difficoltà dovessero protrarsi, il Mediterraneo ne risentirebbe pesantemente: una volta giunte a Gibilterra, infatti, le navi dirette verso l’Europa centrale trovano più conveniente puntare sui porti del Nord (Amburgo, Brema, Rotterdam, Anversa) piuttosto che entrare nel Mediterraneo e risalire l’Adriatico. I dati lo confermano: negli ultimi due anni i porti del Nord Europa sono cresciuti del 5%, mentre quelli del Mediterraneo hanno registrato un incremento molto più contenuto.

In questo scenario, la realizzazione di un collegamento terrestre, un corridoio ferroviario che colleghi le sponde dell’Oceano Indiano (mare Arabico) con il Mediterraneo meridionale, garantirebbe quella ridondanza logistica che oggi manca, fungendo da “piano B” al canale di Suez. Non dimentichiamo che le criticità non sono solo di natura geopolitica: basti pensare all’incidente del 2021, quando una nave bloccò Suez per una settimana. Un ‘land bridge’ ferroviario ridurrebbe dunque la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali.

Guardando al futuro, riteniamo inoltre che convenga puntare con decisione sull’Asia occidentale piuttosto che sull’Estremo Oriente. Paesi come Cina, Corea e Giappone potrebbero progressivamente orientarsi verso la rotta artica, che, pur con le sue criticità, sta diventando una realtà concreta (recentemente è stato effettuato il primo trasporto container lungo questa via). L’Asia occidentale invece, India, Pakistan, Emirati, Arabia Saudita, fino a Malesia, Singapore, Thailandia, Indonesia e Indocina, è caratterizzata da una crescita economica tra le più dinamiche al mondo e rappresenta quindi un partner strategico naturale per lo sviluppo commerciale.

Per il Nordest italiano e, più in generale, per l’area adriatica che comprende anche i porti di Capodistria in Slovenia e di Fiume in Croazia, questa prospettiva è cruciale. Tra il 2010 e il 2024, quest’area portuale ha registrato la crescita più significativa in Europa: +220% contro una media del +5% dei primi 15 porti europei. Un ruolo da protagonista di Trieste nel corridoio IMEC ci consentirebbe non solo di consolidare i volumi raggiunti, ma anche di crescere ulteriormente, generando occupazione e benessere per il territorio.”

Quali sono le principali sfide da affrontare per trasformare il Corridoio Imec in un’infrastruttura realmente sostenibile e competitiva rispetto ad altre rotte globali?

“Premetto innanzitutto che la realizzazione di questo progetto non è un obiettivo a breve termine. Personalmente lo considero un impegno che riguarda i miei nipoti, che oggi hanno 10-15 anni: spero che siano loro a vederne i frutti, perché non possiamo aspettarci risultati immediati.

Le premesse riguardano innanzitutto gli accordi tra Stati. L’Unione Europea, ad esempio, sta negoziando un accordo di libero scambio con l’India, che potrebbe favorire in modo decisivo lo sviluppo dei rapporti economici. Allo stesso modo, sono fondamentali i legami con Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita: proprio quest’anno l’Italia ha sottoscritto importanti intese con entrambi questi Paesi, segno di un forte interesse governativo a rafforzare le relazioni economiche e politiche non solo con l’India, ma anche con il Golfo.

Un secondo pilastro riguarda gli accordi doganali, indispensabili per facilitare i flussi di merci tra l’Unione Europea e i Paesi partner. Infine, serviranno naturalmente anche investimenti infrastrutturali, in particolare ferroviari. Una parte del corridoio è già in fase avanzata: in Arabia Saudita, ad esempio, gran parte della rete è già realizzata. In origine lo sbocco previsto era sul porto israeliano di Haifa, ma oggi si ragiona su una pluralità di alternative, come i porti siriani di Tartus e Latakia o quello turco di Iskenderun. A nostro avviso, più percorsi alternativi esisteranno, maggiore sarà la resilienza e quindi il successo dell’iniziativa.

Per quanto riguarda i finanziamenti, non emergono particolari preoccupazioni: i fondi sovrani dei grandi produttori di petrolio, in particolare Arabia Saudita ed Emirati, sono pronti a sostenere progetti di questa portata. La vera questione riguarda piuttosto gli investimenti necessari sul territorio dell’Unione Europea. In questo senso, il riferimento naturale restano i corridoi TEN-T: in particolare, il Baltico-Adriatico e il Mediterraneo, che passano entrambi attraverso Trieste e collegano la città a Budapest (in origine fino a Kiev). È su queste direttrici che occorre accelerare la realizzazione di infrastrutture in grado di assorbire volumi crescenti di traffico.

Il porto di Trieste ha già in corso investimenti rilevanti, tra cui quello del governo ungherese, che ha acquisito una vasta area in concessione per sviluppare un nuovo terminal. Secondo le nostre stime, entro il 2030 la capacità del porto aumenterà del 30-50% rispetto a quella attuale, sufficiente ad assorbire i flussi aggiuntivi legati a IMEC. Ma il piano regolatore portuale apre ulteriori possibilità di sviluppo, fino a un incremento complessivo del 50-100% della capacità.

Tutto questo, però, dovrà avvenire in maniera sostenibile. Significa che l’accessibilità all’hinterland del porto dovrà avvenire principalmente tramite ferrovia, l’unico mezzo davvero sostenibile. Non possiamo immaginare centinaia di ulteriori camion al giorno su strade già congestionate: la crescita dovrà essere compatibile con la qualità della vita e l’equilibrio del territorio.”

Quali sono le principali sfide che Trieste Summit sta affrontando nel promuovere il dialogo internazionale, e come sono cambiate rispetto all’inizio dell’iniziativa?

“In questo momento posso dirlo con chiarezza, senza giri di parole: la principale sfida è quella di andare avanti senza un presidente dell’Autorità Portuale. Come forse sapete, il presidente D’Agostino, che ha guidato il porto di Trieste per dieci anni ed è stato protagonista della sua importante crescita, non è più in carica dal 1° giugno 2024. Da allora siamo sotto gestione commissariale e ormai sono passati 15 mesi.

Abbiamo più volte segnalato al mondo politico l’urgenza di nominare un nuovo presidente: un commissario, infatti, può occuparsi solo dell’ordinaria amministrazione, mentre il porto ha bisogno di una guida stabile e autorevole. È una questione concreta: ho dovuto dire ad alcune delegazioni interessate a venire a Trieste per incontri non solo con gli imprenditori ma anche con le istituzioni, di attendere fino alla nomina del nuovo presidente.

Questa è la sfida principale. Accanto a essa, c’è poi quella di riuscire, con le nostre forze, a gestire l’intensa mole di attività quotidiane che il contesto attuale ci richiede.”

Come Presidente della Trieste Summit, cosa rende per lei questo progetto così importante, e perché pensa che anche l’uomo della strada dovrebbe sentirsi coinvolto e interessato al Corridoio Imec?

“Trieste è nata per decreto dell’imperatore d’Austria con l’obiettivo di diventare il porto commerciale dell’Impero. È cresciuta come città grazie ai rapporti internazionali e la sua stessa popolazione è frutto di immigrazioni provenienti da diverse aree dell’Impero e del Mediterraneo. Sono convinto che Trieste possa continuare ad avere una ragione d’essere solo coltivando relazioni forti con il resto del mondo.

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una rinascita del ruolo del porto di Trieste, legata in buona parte alla caduta della cortina di ferro e all’ingresso nell’Unione Europea dei Paesi del nostro hinterland. Ciò ha alimentato un forte interesse internazionale, che si è tradotto in importanti investimenti nel porto. A mio avviso, mantenere questa attenzione internazionale è la condizione necessaria perché la città e il porto possano continuare ad avere un futuro di crescita e prosperità.

Questa è la mia visione: una prospettiva di lungo periodo, forse non sempre facile da far comprendere al mondo politico, spesso orientato a risultati immediati. Ma noi lavoriamo pensando alle prossime generazioni, ai nostri nipoti.”

In che modo la Trieste Summit intende coinvolgere istituzioni, imprese e società civile nel dare forza e visibilità a questo progetto, rendendolo non solo un’iniziativa economica, ma anche culturale e sociale?

“Noi siamo sempre disponibili, come lo siamo stati con voi, e felici di portare il nostro messaggio ovunque ci venga chiesto. Abbiamo un approccio inclusivo: chiunque desideri collaborare con noi trova le porte aperte e la massima trasparenza. Crediamo che questo sia il modo giusto per favorire un coinvolgimento sempre più ampio, non solo della società civile, ma anche del mondo della cultura.

Dopotutto, questo spirito di apertura e dialogo fa parte della stessa cultura della città di Trieste.”

TriBu.City, Due città, un’anima! è il movimento nato per valorizzare l’amicizia e accrescere i rapporti tra Trieste e Budapest, tra l’Italia e l’Ungheria. Cosa pensa di questa iniziativa?

“Budapest è una città che amo molto: la prima volta ci sono stato nel 1970 e, da allora, vi sono tornato molte volte. Negli anni ’70 ho vissuto a Vienna e spesso andavamo a Budapest, poi, soprattutto a partire dagli anni ’90, abbiamo avuto interlocuzioni sempre più intense, anche se i rapporti erano importanti già da prima.

Budapest mi affascina profondamente: è la vera città del Danubio, molto più di Vienna, dove il fiume resta più defilato. A Budapest il Danubio è parte integrante della città, ed è davvero meraviglioso. Del resto, Budapest è stata la seconda città dell’Impero, mentre Trieste, a un certo punto, ne è stata la terza. Questa relazione storica mi piace molto, così come l’idea di metterci insieme anche a Vienna. E trovo bellissimo il nome che avete scelto: TriBu.

Ho diversi amici ungheresi, sono un appassionato di letteratura ungherese e mi farà piacere confrontarmi con voi anche su temi che vanno oltre IMEC, ma che rafforzano i legami tra Trieste, Budapest e l’Ungheria.

Vi faccio i miei migliori auguri: sono certo che continueremo a collaborare, a sviluppare nuove attività insieme e, naturalmente, sarete sempre invitati ai nostri eventi.”

Francesco Parisi

Francesco Parisi è il presidente della storica azienda di spedizioni Francesco Parisi S.p.A., tra le più antiche al mondo, fondata nel 1807, e dell’Associazione Trieste Summit, iniziativa volta a promuovere il porto di Trieste come snodo strategico nel Corridoio IMEC. Parisi è stato anche presidente della FIATA (International Federation of Freight Forwarders Associations), la principale federazione mondiale degli spedizionieri, e continua a essere un attivo promotore di progetti infrastrutturali e logistici che rafforzano il ruolo strategico di Trieste nel contesto europeo e globale.

Condividi l'articolo:

Articoli collegati