Nadia Pastorcich vive a Trieste ed è membro attivo della community TriBu.City. In occasione del BBP25 ha preso parte all’evento, cogliendo l’opportunità di visitare per la prima volta Budapest, una meta che sognava da tempo. Siamo felici di condividere il suo diario di viaggio: un racconto autentico e personale, in cui Nadia ci accompagna alla scoperta della sua prima esperienza nella capitale ungherese, con lo sguardo curioso e appassionato di chi realizza un sogno!
New York Café e Teatro dell’Opera: fascino d’altri tempi a Budapest
Un risveglio cinematografico! Dopo aver scoperto il Lago Balaton e aver gustato la bellezza dello skyline notturno di Budapest, ho voluto accogliere la prima vera giornata in città in un luogo d’altri tempi che sa di Mitteleuropa: il New York Café. Chi mi conosce sa che ho una passione per certe epoche passate e che sono sempre pronta ad immergermi nei luoghi capaci di raccontare il fascino di un tempo. Essendo a Budapest non potevo non fare colazione nel “più bel Café del mondo”.
Dopo aver percorso un lungo viale alberato (Erzsébet krt) davanti ai miei occhi un enorme edificio sontuoso ha rapito il mio sguardo. Le statue ornamentali in ottone, i fauni, all’esterno del New York Café, non passano inosservate; vennero realizzate da Károly Senyei, quale simbolo di sensualità e beffa. Per fortuna, essendomi svegliata presto, non c’era fila
(a volte tante persone si ritrovano ad aspettare in piedi da quanto sia frequentato questo posto).
Il New York Café (New York Kávéház), grazie al magnate Sándor Steuer, aprì le sue porte il 23 ottobre del 1894, all’interno
del New York Palace, quartier generale della compagnia di assicurazioni statunitense New York Life Insurance Company.
La sua storia ebbe inizio quando Max Aufrich, un insegnante ungherese, arrivò a Budapest. Grazie alle sue ambizioni, divenne presto un giurista di successo e si recò a Parigi, dove, insieme al direttore della New York Insurance Company, fondò la rete ungherese della compagnia. Questa nuova realtà necessitava però di una sede. L’architetto Alajos Hauszmann fu pertanto incaricato a progettare, con la collaborazione di Flóris Korb e Kálmán Giergl, il sontuoso palazzo di quattro piani, in stile eclettico rinascimentale, con il Café al piano terra.
Da giornalista e scrittrice trovare un posto dove scrivere e che sia di ispirazione non è facile, ma appena si entra al New York Café la mente inizia a immaginare. Non a caso il Café divenne da subito il ritrovo prediletto di artisti, intellettuali, scrittori e redattori e i giornali più influenti venivano redatti al piano superiore, nella galleria –lo storico Café infatti si sviluppa su più livelli. Pensate che il famosissimo romanzo “I ragazzi della via Pal” (Pál utcai fiúk) di Zsigmond Móricz, che sicuramente più di qualcuno di voi avrà letto da piccolo, fu scritto proprio in questo Café. A quei tempi, gli scrittori meno conosciuti e talvolta poveri potevano chiedere la “ciotola degli scrittori” (un piccolo pranzo a un prezzo contenuto), una penna e una “lingua di cane” su cui scrivere.
Appena entrata, non solo ho nutrito lo guardo di bellezza, ma anche l’anima. È impossibile descrivere a parole il fascino di
questo posto e la ricchezza artistica che si respira. Elementi rinascimentali, soffitti affrescati da Gusztáv Mannheimer e Ferenc Eisenhut, lampadari di cristallo in stile veneziano, dettagli dorati, colonne in marmo, rendono questo angolo cittadino una perla rara. Un fascino che conquista, che avvolge, facendo sognare.
A seguito della Seconda Guerra Mondiale, il Café cadde in rovina e venne adibito a negozio di articoli sportivi. Sebbene riaprì nel 1954 con il nome di Hungária, solo nel 2006 fu riportato al suo antico splendore… e per fortuna!
Il menu permette di assaporare i piatti classici di quell’Impero austro-ungarico che ancora oggi si respira girando per le strade di Budapest. Si possono gustare diversi famosi dessert come la torta Dobos, la Sacher e la torta Eszterházy. Il mio palato è stato catturato dalla Málnás pisztáciás torta (torta di pistacchio e lampone)… che dire? Una delizia!
Come disse Sándor Márai, scrittore ungherese del XX secolo e frequentatore del New York Café: “Non c’è letteratura senza un Caffè”.
Dopo questo tuffo nel passato, ho proseguito facendo una passeggiata nelle vicinanze. Mi sono ritrovata davanti all’Università di studi musicali Ferenc Liszt (Liszt Ferenc Zeneművészeti Egyetem). L’Accademia fu fondata proprio da Liszt il 14 novembre del 1875 e prese il suo nome nel 1925. Inizialmente era ospitata in un edificio in stile neorinascimentale
progettato da Adolf Láng dove oggi c’è il centro di memoria e ricerca dedicato a Liszt.
Nel 1907, in Liszt Ferenc tér 8, venne eretto un edificio in stile Art Nouveau da Flóris Korb e Kálmán Giergl, commissionato dal barone Gyula Wlassics, allora Ministro della Cultura, che divenne la nuova casa dell’Accademia. Un capolavoro della secessione ungherese che cattura subito l’occhio. La facciata è dominata da una statua di Liszt, opera di Alajos Stróbl.
Di fianco all’entrata è presente un lavoro scultoreo dedicato al direttore d’orchestra Georg Solti, realizzato da Péter Párkányi Raab. La statua raffigura la testa e le braccia di Solti le quali vanno a creare una sorta di arco, decorato con un motivo che ricorda gli strumenti musicali.
Poco più avanti mi sono fermata ad ammirare un altro palazzo con elementi caratteristici dell’Art Nouveau, progettato dagli architetti viennesi Fellner e Helmer e costruito nel 1894, che ospita il Teatro dell’Operetta (Budapesti Operettszínház).
Quando si parla di operetta il legame che essa ha con Trieste è molto forte, basti pensare al noto Festival che nel corso del Novecento ha allietato più generazioni e che ancora oggi cerca di portare avanti la tradizione. Ritornando al Teatro dell’Operetta della capitale ungherese, tutto cominciò in via Nagymező con Károly Somossy che fece costruire l’edificio per ospitare il primo Orpheum (Első Fővárosi Orfeum), proponendo un teatro di intrattenimento. L’attività chiuse i battenti nel 1899. L’edificio venne poi acquistato dall’imprenditore americano Ben Blumenthal che lo fece ristrutturare, dando così una sede all’operetta: Fővárosi Operettszínház.
Dopo l’assedio di Budapest, il Teatro fu inaugurato nel marzo del 1945 con l’operetta di Imre Kálmán, “La Principessa della Czarda” (Csárdáskirálynő), tra le sue operette più conosciute vanno ricordate “La contessa Mariza”, “La duchessa di Chicago”, “La Bajadera”.
Il Teatro fu nazionalizzato nel 1949, mentre la ristrutturazione generale dell’edificio venne effettuata negli anni ’60. L’inaugurazione si tenne nel 1971 con la messa in scena della Csárdáskirálynő. Imre Halasi, direttore del Teatro dalla fine degli anni ’90 ai primi Duemila, nel 1998 cambiò il nome del Teatro in “Budapesti Operettszínház” (Teatro dell’Operetta di Budapest).

Percorrendo la strada che passa davanti al Teatro è possibile vedere per terra le impronte delle celebrità ungheresi. Una sorta di “Walk of fame”. Di fronte al Teatro è anche presente una statuta del compositore Imre Kálmán, realizzata da Gábor Veres. È simpatico poter “conversare” con i personaggi del passato. Kálmán è stato molto disponibile! 😉
Essendo “cresciuta” al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, vedendo prima le operette poi le opere, in questa atmosfera dal sapore retrò, piena di fascino, ho deciso di andare a visitare il Teatro dell’Opera di Stato Ungherese (Magyar Állami Operaház, in via Andrássy 2). Costruito da Miklós Ybl tra il 1875 e il 1884, è un edificio in stile neo-rinascimentale, riccamente decorato e arricchito con affreschi e sculture di Bertalan Székely, Mór Than e Károly Lotz. Venne inaugurato il 27 settembre 1884.

L’idea di costruire un Teatro dell’Opera indipendente venne al barone Bódog Orczy, sovrintendente del Teatro Nazionale. Ybl dovette rivedere il suo progetto più volte per ridurre i costi, d’altronde come aveva detto l’Imperatore Francesco Giuseppe: il Teatro dell’Opera di Pest non doveva essere più grande di quello di Vienna.
Appena entrati si viene avvolti da una luce soffusa e nel contempo penetrante. Nei cassettoni del soffitto Bertalan Székely dipinse nove muse, dee delle arti e della scienza.
Iniziando il “tour” si resta immediatamente affascinati dalla grande Scalinata che toglie letteralmente il respiro!
Gli affreschi sui cassettoni dorati del soffitto della scalinata principale sono opera di Mór Than. Il tema dei suoi dipinti è il Trionfo delle Musica: Apollo e le Muse, come rappresentanti della pura armonia, trionfano su tutto. È presente pure un mezzo busto di Ferenc Erkel, “padre” dell’opera ungherese.

Oltre alla Scalinata principale, è presente anche quella Reale percorsa più volte dall’Imperatore Francesco Giuseppe I e dalla sua consorte, l’Imperatrice Elisabetta (Sissi). La coppia reale infatti poteva accedere da un atrio riccamente decorato attraverso un ingresso speciale in via Dalszínház da dove potevano poi raggiungere i saloni e il palco al piano superiore, salendo la cosiddetta Scala Reale.
Alle estremità inferiori della ringhiera in marmo della scalinata si trovano due statue in bronzo dello scultore Gyula Bezerédi: una tiene uno scudo decorato con le iniziali di Elisabetta, mentre l’altra regge il monogramma dell’Imperatore.
Salendo la scala si raggiunge una sala dall’atmosfera solenne, sorretta da otto colonne in marmo.
La balaustra che circonda la scalinata è di marmo giallo di Siena, le basi delle colonne sono in marmo bianco di Carrara e poggiano su delle piastre in marmo verdastro fiorentino. Lo splendore di questa sala viene esaltata dai lampadari
disegnati da Ybl. Gli affreschi sono invece opera di Gyula Aggházy, apprezzato pittore che da giovane era stato violinista nell’Orchestra del Teatro Nazionale.
Davanti alla Scala Reale è presente uno specchio enorme: la leggenda vuole che Sissi lo adorasse perché quando si specchiava si vedeva bella.
Una porta a due ante in rovere si apre sul Salotto Bertalan Székely/Sala Ricevimenti Reale, originariamente destinata alla coppia reale per ricevere gli ospiti durante le rappresentazioni.
Le pareti presentano delle boiserie in rovere nobile siciliano, mentre i cassettoni sono decorati con motivi neo-rinascimentali. Il camino in legno mostra il monogramma di Francesco Giuseppe. A Székely fu affidata la decorazione della sala che ha poi preso il suo nome.
Il Salone Rosso invece, serviva anche come sala di rappresentanza del monarca poiché da questa si accede al Palco Reale. È chiamata “Salone Rosso” per via della tappezzeria color ciliegia che ricopre le pareti e le boiserie in legno rossastro.

Non tutti conoscono però il forte legame tra Giacomo Puccini e Budapest, città che egli amò e che ospitò le sue opere, sempre con calorosa accoglienza: ne sono l’esempio la foto autografata e una lettera scritta dal nostro compositore.
Mi ha rallegrata trovare questi importanti documenti, anche perché di recente ho avuto il piacere di scrivere la drammaturgia dello spettacolo “Ricordando Puccini” dove ho voluto raccontare pure questo suo legame con la capitale ungherese.


Entrare in platea però resta una sensazione indescrivibile: un tripudio di oro e dettagli! Un teatro all’italiana che ospita un Palco Reale sontuoso, anche se si dice che Sissi, quando assisteva alle opere, per stare in tranquillità, usasse prendere posto nel palco che dà sul proscenio.
L’auditorium può accogliere circa mille persone. A forma di ferro di cavallo, si sviluppa su tre piani, in uno sfarzo pazzesco: per dorare la sala è stato utilizzato dell’oro vero. Nei palchi sono presenti delle statue dorate che raffigurano le quattro virtù cardinali: Fortezza, Giustizia, Prudenza e Temperanza.
Quando si alza lo sguardo non si può non restare estasiati dal monumentale affresco “Apoteosi della musica”, realizzato da Károly Lotz.
Il lampadario, fabbricato a Magonza, inizialmente pesava tre tonnellate ed ospitava cinquecento lampade a gas. Attualmente pesa circa due tonnellate e ospita più di duecento lampadine. Il maestoso palcoscenico ha una superficie di quasi 1.000 metri quadrati e la sua profondità totale è di quasi 50 metri; l’altezza del soffitto è di 26 metri.
Il Feszty Bar è situato in una sala decorata con pannelli di quercia e tessuti blu.
Le pareti in finto marmo sono decorate con dei dipinti di Árpád Feszty che raffigurano i suoni della natura.
Un luogo perfetto dove gustare un buon cocktail e dove scattare qualche foto, immaginando di essere in un’altra epoca.

Questa incantevole esperienza si è conclusa con l’esibizione di due cantanti che hanno regalato al pubblico alcune arie d’opera di Puccini, Leoncavallo e Verdi.
L’avventura continua!